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VOLERE è POTERE

Volere è potere

“Volere è potere!”; uno dei proverbi più diffusi è anche uno dei più scomodi in quanto indica nella mancanza di volontà la causa del mancato raggiungimento di un obbiettivo.

Ma è veramente così?

Ogni giorno siamo bombardati sui social network ed in televisione da frasi assertive che impongono il primato della forza di volontà sugli strumenti e le abilità che madre natura ci ha donato.

Già questo presupposto sarebbe discutibile in quanto la cosiddetta “forza di volontà” che ciascuno di noi ha è anch’essa un regalo di madre natura; fa parte del nostro carattere ed è con noi dalla nascita.

Il proverbio potrebbe essere ribaltato in un molto più realistico: “potere è volere”, ovvero: se posso fare qualcosa, allora lo voglio fare!.

Tuttavia alle persone piace sognare un futuro migliore; le storie di riscatto personale spopolano al cinema ed in libreria e ciascuno di noi si crogiola nell’illusione di essere l’artefice del proprio destino.

Mi rendo conto che argomentazioni simili possano essere tacciate di fatalismo e di bassa valenza educativa nei confronti delle giovani generazioni, alle quali occorre insegnare che l’impegno e la dedizione saranno sempre ben ripagate.

Ma poi si cresce e ci si rende conto che non è così.

PROVERBI

Risuonano nelle nostre orecchie gli slogan della cosiddetta “saggezza popolare” quali:

“volere è potere”

“chi non risica non rosica”

“se lo vuoi veramente, puoi raggiungere ogni traguardo”

“andrà tutto bene”

“chi osa vince”

Noi tutti diamo per scontato che siano perle di saggezza e viviamo nell’illusione che queste frasi, ripetute ossessivamente come dei mantra, abbiano il potere di rendere possibili le imprese più incredibili.

Ogni personaggio famoso che sia riuscito ad eccellere nel proprio campo (o che semplicemente “ce l’abbia fatta”), pare sia in possesso di una propria ricetta segreta che conduca inevitabilmente verso il successo. Molti di costoro sono ben disposti a condividere questo loro segreto in appositi corsi (a pagamento) o a raccontarlo in sonnolente biografie.

MOTIVATORI

Negli ultimi anni si è creato un enorme mercato nel quale dal lato domanda milioni di individui ricercano il modo in cui possano utilizzare la propria volontà destinandola al raggiungimento dei propri obbiettivi (quasi sempre di tipo economico).

Come normale reazione, sono nate nuove professioni (coaching, mentoring, ecc..), con star internazionali (Robbins, Kiyosaki, Hill, ecc…) e piccoli guru locali che di fatto hanno creato un nuovo comparto economico popolato di libri, videocorsi ed attività formative.

Non intendo discutere la validità di queste iniziative; sono sicuramente un prodotto creato in risposta ad un bisogno molto diffuso.

Noto tuttavia che in molte conferenze motivazionali, vengono portati come testimoni personaggi che hanno realmente avuto grandi successi nella propria vita, veicolando però il messaggio che questi siano dovuti a virtù caratteriali rafforzate dall’applicazioni di regole ed insegnamenti del motivatore di turno.

Molti di noi, me compreso, pur avendo un’autostima considerevole unita ad una forte motivazione non sono riusciti a conseguire i risultati eclatanti di queste star e forse non ci riusciranno mai.

PRIMI DUBBI

Questa situazione genera un iniziale senso di sconforto, seguito prima dalla rassegnazione e poi dal dubbio che qualcosa non quadri nei ragionamenti dei motivatori.

Sono infatti tantissimi gli acquirenti di libri e frequentatori di seminari motivazionali, per i quali pare che i risultati non arrivino mai.

Assieme a questa sfortunata maggioranza, ho sempre cercato di capire cosa può essere andato storto e quali possano essere le origini del proprio fallimento; dopo lunghi ragionamenti penso di aver trovato la risposta: il “successo” è dovuto al caso.

Sconfortante vero ?

Se ne parla poco o nulla durante i seminari motivazionali (che si svuoterebbero di colpo qualora si intuisse questa semplice verità).

A cercare di confutare questa mia teoria vi sono i numerosi testimonial ed autori di libri che “ce l’hanno fatta”; sono essenzialmente loro a tenere alta l’attenzione ed attirare invidia e curiosità in coloro che vorrebbero emularne le gesta.

Il principio è molto semplice: se ce l’hanno fatta loro, anche tu puoi !

Ho trovato questo principio molto interessante fino a quando non mi sono imbattuto nel “paradosso di sopravvivenza”, un concetto conosciuto solo da poche persone che ben si adatta alla situazione.

PREGIUDIZIO DI SOPRAVVIVENZA

Si tratta dell’errore logico che si commette nel valutare una situazione, considerando solamente coloro che “ce l’hanno fatta” e trascurando tutti gli altri.

E’ come dire che il vincitore di una maratona deve il suo successo ad allenamento, impegno e sacrifici; tutto vero ma le migliaia di persone arrivate appena dopo di lui non si sono forse impegnate, allenate e sacrificate?

Ad un corso motivazionale verrà invitato solo colui che ha vinto la medaglia d’oro mentre verranno completamente ignorate le migliaia di persone arrivate subito dopo: i perdenti.

Lo stesso si può dire per trasmissioni televisive che glorificano il successo di fondatori di aziende, diventate grandi grazie (ancora una volta) ad impegno, dedizione e sacrifici; e le altre? Quelle che nonostante impegno dedizione e sacrifici riescono solo a sopravvivere? E quelle che nonostante impegno, dedizione e sacrifici perdono la competizione commerciale e falliscono?

Dei “perdenti” non si parla.

Il fatto è che i “vincenti” molte volte lo sono grazie ad un mix unico di fortuna, occasioni, incontri, “sliding doors”, amicizie, ambiente familiare, frequentazioni, casualità.

Non nego che possano aver profuso impegno, dedizione e sacrifici come hanno fatto anche i loro colleghi “perdenti”, ma temo che questa componente abbia contribuito in minima parte al loro successo.

Sono arrivato alla conclusione quindi che il nostro destino sia solo in minima parte dovuto alle nostre capacità, ed in gran parte sia dovuto al caso, e le nostre stesse capacità sono originate da una casuale concomitanza di fattori genetici, fisici, territoriali, economici, familiari, sociali, ecc..

Ritengo che questa sia una verità “scomoda”, inquietante, a tratti drammatica ed ingiusta; per questo molti reputano molto più tranquillizzante rifugiarsi in false convinzioni e crogiolarsi nell’illusione di essere gli unici artefici del proprio destino.

FORTUNA

La maggioranza di noi penso si sia dimenticata da tempo che è una fortuna essere nati nel mondo occidentale, è una fortuna essere vissuti in un periodo di pace ed è una fortuna avere avuto talenti da poter sviluppare; comincio a pensare che il nostro sia un mondo governato dalla fortuna e che le persone da essa baciate, forse per pudore, la scambino per bravura e caparbietà personale rifiutandosi di ammettere l’ovvio.

Il pregiudizio di sopravvivenza dimostra ancora una volta quanto la comunicazione basata su presupposti sbagliati possa alterare la nostra percezione della realtà.

La nostra mente cercherà sempre una giustificazione del proprio status che vada il più possibile incontro alla propria autostima; se ho avuto successo è perché sono stato bravo (e quindi me lo sono meritato), se non l’ho ancora avuto è perché non mi sono impegnato abbastanza (e quindi corro ad acquistare l’ennesimo libro o ad iscrivermi all’ennesimo corso per tacitare la coscienza).

BOMBARDIERI

Durante la seconda guerra mondiale l’aeronautica alleata cercò di capire quale fosse il segreto dei bombardieri che riuscivano a tornare indenni alla base senza essere abbattuti dalla contraerea nemica.

L’analisi su questi aerei mise in luce il fatto che quasi tutti avevano riportato solo pochi danni localizzati prevalentemente sulle ali; i vertici militari arrivarono alla conclusione che rinforzando ulteriormente le ali molti più aerei sarebbero tornati alla base; così fecero ma non cambiò nulla nella drammatica conta al termine di ogni missione.

Ignoravano completamente il fatto che gli aerei abbattuti erano stati colpiti ai motori ma non potevano saperlo perché la loro analisi si basava unicamente sui velivoli rientrati alla base.

E’ proprio questo il pregiudizio di sopravvivenza: motiviamo le nostre azioni future basandoci sull’analisi di un campione di dati che non rappresenta affatto tutti i casi ma solo quelli di coloro che “ce l’hanno fatta”.

Nonostante la consapevolezza che in qualsiasi gara sia impossibile che tutti vincano contemporaneamente, continuo ugualmente e caparbiamente ad allenarmi; come nello sport, nella maratona della vita l’importante non è vincere, ma partecipare.

Volere è potere!

Buona fortuna !

Tiziano Castagna

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